TEL AVIV - Israele ha celebrato il funerale di Guy Illouz, 26 anni, uno dei giovani uccisi e poi rapiti durante il massacro del festival musicale Nova del 7 ottobre 2023. È il primo dei funerali per gli ostaggi restituiti da Hamas nell’ambito dell’accordo di scambio con Israele e della fragile tregua in vigore nella Striscia di Gaza.
Illouz, tecnico del suono e musicista, era stato visto l’ultima volta due anni fa da un altro ostaggio liberato, che lo aveva descritto ferito e incatenato in un ospedale di Gaza. Da allora la sua famiglia aveva vissuto tra la speranza e la rassegnazione. Centinaia di persone si sono radunate lungo le strade che portano al cimitero di Ra’anana, a nord di Tel Aviv, dove il feretro – avvolto nella bandiera israeliana – è stato accolto da lunghi applausi e lacrime.
Il padre, Michel Illouz, ha pronunciato parole toccanti davanti alla folla: “Ti avevo promesso che ti avrei rivisto, e oggi l’ho fatto. Ti ho guardato, ti ho annusato per l’ultima volta, ho baciato la tua fronte. Anche così, eri bellissimo”.
L’atmosfera era di dolore ma anche di chiusura, come ha spiegato un amico di famiglia: “Dopo due anni di attesa, almeno i genitori di Guy sanno di averlo riportato a casa, anche solo per una tomba”.
Nelle stesse ore, l’esercito israeliano (IDF) ha confermato il rimpatrio di altre due salme di ostaggi, consegnate dalla Croce Rossa dopo il ritiro israeliano da alcune aree di Gaza. I corpi saranno identificati dal Centro nazionale di medicina forense prima di essere restituiti alle famiglie.
Secondo l’accordo mediato dagli Stati Uniti, Hamas doveva consegnare tutti gli ostaggi ancora presenti a Gaza entro 72 ore, ma il gruppo ha dichiarato di non essere in grado di recuperare tutti i corpi, in parte sepolti sotto le macerie di zone ora controllate da Israele.
In totale, 20 ostaggi vivi e sette corpi erano stati già restituiti nei giorni precedenti. Se le ultime due salme identificate risulteranno appartenere a ostaggi, resterebbero 19 persone ancora disperse.
Per molte famiglie israeliane, la fine della prigionia dei propri cari non porta pace ma un nuovo dolore. Tuttavia, per chi attende ancora, ogni rimpatrio rappresenta una fragile speranza.