MONTEVIDEO - Il documentario La Ricerca di Giuseppe Petruzzellis approda per la prima volta in Sud America lunedì 3 marzo, nell’ambito dell’ARCA Film Festival, in collaborazione con l'Istituto Italiano di Cultura, per una proiezione alla presenza del regista al Museo de Arte Contemporáneo Atchugarry, al km 4,5 della Ruta 104 nel dipartimento di Maldonado.  

Sarà l’occasione, per il pubblico uruguaiano, di scoprire un’opera che esplora il mistero delle origini umane attraverso lo sguardo poetico e filosofico di Luigi Lineri, artista nato nel 1937 ad Albaro di Ronco all’Adige, in provincia di Verona, che dal 1964 si dedica a collezionare e catalogare pietre con forme particolari raccolte lungo il fiume Adige.  

Non si tratta, però, di una semplice raccolta di minerali, come spiega a Il Globo il regista del film. E quella che “potrebbe sembrare in apparenza una stravagante (e gigantesca) collezione di sassi”, in realtà “nasconde una ricca stratificazione di significati e messaggi”.  

Per l’artista veneto, infatti, a modellare le rocce raccolte non sarebbe stata la semplice erosione del tempo e del clima, bensì l’intervento di antiche popolazioni umane presenti nella zona. 

Come spiega Petruzzellis, immergendosi nel mondo di Lineri fatto di figure, simboli, mito e memorie primitive, “emerge la sua visione poetica e filosofica, che racconta attraverso i sassi gli albori dell’umanità”. E proprio perché lo fa “parlando di come sia nata la nostra specie, la sua opera diventa universale”. 

Nella raccolta mastodontica di Lineri – decine di migliaia di pietre raccolte in oltre sessant’anni – il regista ha riconosciuto la nascita del pensiero, della tecnologia, dell’arte e della sensibilità umana, il nostro conflittuale rapporto con l’ecosistema e il nostro cammino collettivo, temi che l’artista si permette di affrontare “a un livello non solo razionale, ma anche emotivo”. 

Il primo incontro tra il regista e l’artista è avvenuto nel 2015. Da quando ha deciso di girare il documentario, in collaborazione con Lisa Fierro, al momento della sua presentazione (nel 2023), sono passati otto anni, durante i quali tra i due è nata un’amicizia personale. 

“Ho capito che per comprendere appieno la sua visione sarebbe stato necessario molto tempo, ma ho sentito che meritava di essere capita e condivisa”, spiega Petruzzellis, aggiungendo che “il rapporto di fiducia che si è creato” gli ha conferito “il privilegio e la responsabilità di raccontare la sua storia”. 

Una visione non per forza scientifica, come lo stesso Lineri dichiara nel documentario, ma neppure così lontana da quanto emerge dagli studi scientifici sul tema. Il regista afferma infatti di essersi informato e di aver scoperto molti punti di contatto con alcune tesi di Bataille, Shepard, Bachelard, Harari ed altri importanti studiosi.  

In ogni caso, chiarisce Petruzzellis, molti aspetti della preistoria umana sono destinati a rimanere indimostrabili, ma “Luigi propone delle memorie che forse si fondono con il racconto poetico, ma che possono essere estremamente utili sia per immaginare il passato remoto, che per direzionare il cammino futuro”.  

Il linguaggio del film è infatti molto poetico, anche perché Lineri è poeta dialettale e “la sua capacità di usare la parola in modo evocativo, metaforico e allusivo ha inevitabilmente influenzato lo stile narrativo del film”. 

La tradizionale narrazione basata su interviste e testimonianze si unisce alle forme del documentario di osservazione e del film sperimentale, dando vita a quella che il regista chiama “documentario di creazione”, nel quale “il confine tra quello che il pubblico percepisce come documentario e il film di finzione è abbastanza labile”. 

Nel film, oltre alle immagini della raccolta e le spiegazioni di Lineri, sono presenti anche materiali di archivio, una costante nei lavori di Petruzzellis: a partire da alcuni pezzi di “archeologia del cinema”, come clip di Thomas Edison del primissimo ‘900, fino alla cosiddetta “corsa allo spazio” tra Stati Uniti e Unione Sovietica, durante la Guerra Fredda. 

“L’assonanza più evidente credo sia con 2001 Odissea nello Spazio, di Stanley Kubrick”, spiega Petruzzellis, alludendo in particolare al “celeberrimo stacco di montaggio in cui lo strumento in osso di un ominide, lanciato verso il cielo dopo la comparsa del monolite della conoscenza, diventa un’astronave”. 

Anche durante la corsa allo spazio, come gli antichi uomini della preistoria di Lineri, “finiamo per lasciare una traccia del nostro passaggio, come ben rappresenta la famosa orma lasciata dal moon boot degli astronauti”, rimarca il regista. 

Uno degli obiettivi del documentario è quello di fare in modo che possa restare “una traccia tangibile e fruibile dell’incredibile opera di Luigi”, che per il momento è fragile e poco tutelata. Tuttavia, anche grazie all’attenzione risvegliata da La Ricerca, l’Ecomuseo Aquae Planae, un museo diffuso nato recentemente nella zona, si sta impegnando per far conoscere e valorizzare l’opera di Lineri con diversi progetti sul territorio.   

Quella di lunedì sarà la prima presentazione del film in Sud America, un incontro che il regista dice di aspettare con molto interesse. “Le culture originarie del continente americano mi affascinano molto, e credo che la visione di Luigi Lineri trovi diverse assonanze con le saggezze ancestrali dei popoli autoctoni”, spiega infatti Petruzzellis. 

Il regista sottolinea che la preistoria “è stata un tempo senza nomi e senza eroi”, di cui rimangono poche testimonianze. Al tempo stesso, però, “chiunque aggiunge qualcosa di significativo alla storia della grande famiglia umana”, non importa che si tratti di pietre scolpite sul letto dell’Adige o di orme di stivali sul suono lunare.  

Chiunque lascia “una traccia, grande o piccola, che contribuisce ad un cammino collettivo a volte crudele e contraddittorio, ma bellissimo nel suo complesso”, conclude Petruzzellis.

La Ricerca è disponibile in streaming da tutto il mondo su True Story, e sul sito www.laricercafilm.com in Italia.