Nel suo primo romanzo, The summer in between, vincitore del 2024 Hawkeye Prize, l’autrice italo-australiana Holly Cardamone ammette di aver riversato una sostanziale parte della sua esperienza personale nelle pagine.
La protagonista, una giovane italo-australiana di 17 anni che risiede in una località balneare a un’ora e mezza da Melbourne, vive la sua ultima estate da studentessa liceale immergendosi nello studio, così da evitare sia i bellissimi surfisti locali, sia la nonna che la fa costantemente impazzire. “Personalmente, non ho mai avuto un bel rapporto con mia nonna – confessa Cardamone –. Per esempio, quando mio padre organizzò delle lezioni private di italiano per me e mio fratello, sorprendentemente mia nonna si infuriò. Ricordo ancora le sue dure parole, ‘Perché imparate l’italiano? Siete australiani. Abbiamo lottato e lavorato duramente per andar via dall’Italia, perché volete tornare indietro?’”.
Cardamone ricorda quanto la nonna fosse più severa con lei che con il fratello. “Nel nostro quartiere c’era un gruppo di bambini. Appena ho compiuto 11 anni, non mi è più stato permesso di uscire a giocare con loro. Mia nonna si posizionava davanti al cancello e mi chiamava per rientrare. Lo vedeva come un pericolo, dato che mi stavo addentrando nella pubertà”.
Nel libro ci sono poi pagine legate alla tradizione familiare, come quella del “tomato day” e altri simboli culturali che richiamano l’adolescenza da italo-australiana di terza generazione, con radici che affondano in Calabria. “Quando parlo di questo libro, dico sempre, ‘Immaginate se Looking for Alibrandi e Puberty blues avessero avuto un figlio’. È proprio quello il concetto del mio libro. Quando ho portato le mie figlie alla serata di chiusura del ST. ALi Italian Film Festival, mi sono messa a piangere durante la visione di Looking for Alibrandi. Era la prima volta che rivedevo la mia esperienza sul grande schermo”.
Cardamone confessa che ha sempre avuto il forte desiderio di diventare una scrittrice, anche se è stata scoraggiata dalla sua insegnante all’ultimo anno di liceo, venendo quindi indirizzata verso una carriera “più concreta”, che le garantisse un salario sicuro. C’è sempre stata, però, quella sensazione che le mancasse veramente qualcosa. “Negli ultimi 25 anni ho lavorato come specialista della comunicazione. Questo romanzo era in programma da un po’, ma scivolava sempre più in basso nella lista delle priorità, perché scrivere narrativa è un lusso quando non hai alcuna garanzia. Ogni ora passata a scrivere il romanzo era un’ora tolta alla famiglia o al lavoro. Ma è uno dei miei rimpianti, quello di non averci creduto di più, perché sono una persona più felice quando scrivo”.
La produzione del libro ha presentato ulteriori difficoltà, a partire dalla lingua italiana: “Volevo condividere il concetto italo-australiano anche perché desideravo scrivere di cibo e descrivere la nostra tavola a pranzo a chi non ha origini italiane. Una delle mie figlie mi ha aiutato moltissimo con i vocaboli italiani, sta intraprendendo una doppia laurea in Lettere e Giurisprudenza, e l’italiano fa parte del suo corso umanistico”.
Anche la ricerca di una casa editrice non è stata semplice: quelle che hanno amato subito l’idea, hanno trovato la scrittura di Cardamone troppo immatura. “Quando esponi il tuo lavoro, c’è una certa vulnerabilità che lo accompagna. A ogni rifiuto, era come se mi dicessero che la mia creazione fosse brutta. Quando ho vinto l’Hawkeye Prize, mi sono finalmente sentita accettata”.
Nei progetti futuri di Cardamone ci sono ben tre romanzi in lavorazione, uno dei quali sarà incentrato sul personaggio di una donna australiana che torna nella sua terra di origine, la Calabria, dove purtroppo si viene a scontrare con l’enorme barriera lingustica. “Sono 22 anni che non rientro in Italia e quando sono stata lì, mi sentivo molto australiana. Crescendo nelle zone rurali del Victoria, però, mi sono sempre sentita molto italiana”.
Se da una parte Cardamone ha avuto diversi ostacoli nella sua fase adolescenziale – dalla figura ostile della nonna ai sogni infranti, fino al distanziamento forzato dalla lingua di origine, così tanto amata ma purtroppo ripresa troppo in là negli anni –, le sue speranze non sono mai andate in vane.
“Mia figlia ha intenzione di offrire assistenza legale agli anziani italiani. Quella più piccola desidera continuare con l’apprendimento della lingua italiana. Mi emoziona dirlo, ma penso che mia nonna sarebbe orgogliosa di loro. Sento davvero che le mie figlie stanno avendo tutte le opportunità che io non ho mai avuto, ma che ho sempre desiderato”.
Anche dai rapporti complicati, alle volte, si può trarre ispirazione, andando a creare qualcosa di positivo. In chiusura, Cardamone mi confessa un suo rito scaramantico durante le proprie sessioni creative: tenere accanto a sé la sua “tazza fortunata”, una tazza che acquistò in occasione della visita dell’Italian Women’s Choir, proprio quando stava piangendo la scomparsa della nonna, tanto antagonista, seppur molto amata.