ROMA - La crisi climatica rende i prodotti agricoli nazionali sempre meno disponibili e sempre più cari. In Italia la stagione agricola 2025 ha rappresentato una prova concreta della vulnerabilità del Paese agli eventi climatici estremi. Il WWF Italia accende un faro su come gli effetti del cambiamento climatico stiano evidenziando la crescente pressione su risorse idriche, produzione e sicurezza alimentare, ma anche sull’urgenza di ripensare modelli colturali, sistemi d’irrigazione e strategie di adattamento. Le perdite registrate in diversi comparti mostrano come l’impatto climatico non sia affatto episodico, ma strutturale, con ricadute dirette sull’economia, sulla disponibilità, sulla stabilità delle comunità agricole e sulla qualità stessa del cibo.
L’anno 2025 ha confermato il trend di riscaldamento globale ed europeo, con effetti evidenti in tutte le stagioni. L’Italia non ha fatto eccezione. Nel Paese, la media nazionale dei primi tre mesi 2025 ha segnato un’anomalia di +1,67°, inferiore al record del 2024 ma superiore al 2023, con marzo contraddistinto da condizioni variabili e un ritorno di temperature invernali nella seconda metà del mese. Giugno 2025 si è posizionato al secondo posto tra i mesi di giugno più caldi mai registrati. Secondo i dati del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISAC) la temperatura media nazionale ha raggiunto un’anomalia di +3,02° rispetto alla media climatologica del periodo 1991-2020, avvicinandosi pericolosamente al record assoluto stabilito nel giugno 2003. L’estate ha consolidato la tendenza al caldo estremo, con luglio e agosto tra i più caldi mai registrati in Europa; in particolare agosto è stato il terzo più caldo a livello globale. L’Italia ha subito ondate di calore intense.
La crisi climatica sta avendo effetti negativi sulla produzione di latte. Uno studio ha dimostrato che lo stress termico nelle mucche da latte riduce in modo significativo la produzione di latte, con effetti che possono protrarsi per oltre 10 giorni. E gli ultimi dati sembrano purtroppo dargli ragione. Secondo dati ISMEA, nel 2025 la produzione di latte in Europa è diminuita dell’1%, trend confermato anche in Italia nel primo quadrimestre.
Anche sul fronte agricolo la situazione non è delle migliori. Non è soltanto il caldo estremo o la siccità a mettere in difficoltà questo settore: oggi una delle minacce più gravi per molte colture è la combinazione paradossale di inverni miti seguiti da improvvise gelate primaverili, in grado di compromettere intere stagioni produttive. Le temperature insolitamente elevate dell’inverno anticipano il risveglio vegetativo delle piante: gemme, fiori e germogli si sviluppano prima del previsto e diventano così estremamente vulnerabili ai ritorni di freddo.
Questi eventi, sempre più frequenti e intensi soprattutto nel nord e nelle aree collinari, hanno segnato profondamente il 2025. Le coltivazioni hanno subìto danni ingenti a causa di fattori ormai ricorrenti della crisi climatica: anticipo delle fasi vegetative, forte variabilità meteorologica e oscillazioni termiche improvvise. Le ripercussioni sull’accesso al cibo sono profonde, soprattutto per le fasce più fragili della popolazione.