SYDNEY - La ricerca, attiva dal 2005, mostra un quadro particolarmente cupo, mai registrato in precedenza: solo il 52% degli intervistati si dice ottimista sull’andamento economico dell’Australia nei prossimi cinque anni, una percentuale ai livelli del periodo della pandemia nel 2020.
A influenzare negativamente la fiducia contribuiscono l’instabilità commerciale, l’aumento del costo della vita e le tensioni globali. L’annuncio dei nuovi dazi introdotti da Donald Trump dello scorso 2 aprile – soprannominato “Giorno della liberazione” – ha ulteriormente aggravato la percezione pubblica.
I giovani tra i 18 e i 29 anni risultano i meno fiduciosi, mentre gli elettori laburisti mostrano più ottimismo rispetto a quelli liberali o ai sostenitori dei Verdi.
Il direttore del Lowy Institute, Michael Fullilove, ha dichiarato: “Gli australiani sono profondamente turbati dalla seconda amministrazione Trump, con il 64% che dichiara di avere poca o nessuna fiducia negli Stati Uniti”. Si tratta del livello più basso mai registrato dal sondaggio.
Tuttavia, la fiducia nella Cina è ancora più bassa: solo il 16% crede che il presidente Xi Jinping agirà correttamente, in un contesto di crescenti tensioni militari su Taiwan.
Nonostante la diffidenza verso Trump, gli australiani continuano a ritenere cruciale l’alleanza con gli Stati Uniti. Allo stesso tempo, emerge un forte sostegno alla democrazia (74%) e alla cooperazione con democrazie affini come quelle di Giappone e Nuova Zelanda.
L’83% vorrebbe produrre più beni in Australia anche a costo di doverli pagare di più, mentre il 70% teme l’impatto negativo dei social media sull’impianto democratico del Paese.