PALERMO - La Procura di Palermo ha disposto nuovi accertamenti tecnici, con le tecnologie oggi disponibili, per tentare l’estrazione del Dna da un’impronta ritrovata 45 anni fa sullo sportello del lato guidatore della Fiat 127 utilizzata dai killer per la fuga dopo l’assassinio, il 6 gennaio 1980, di Piersanti Mattarella, allora presidente della Regione siciliana e fratello dell’attuale Capo dello Stato.
Subito dopo il delitto, l’impronta venne isolata, ma all’epoca fu considerata inutilizzabile per l’identificazione dell’autore. Oggi, però, quel vetrino potrebbe aver conservato tracce biologiche comparabili con il Dna di Antonino Madonia e Giuseppe Lucchese, i due mafiosi indicati come esecutori materiali dell’omicidio. Secondo la Procura guidata da Maurizio De Lucia, Madonia e Lucchese sarebbero stati gli autori materiali dell’agguato.
Antonino Madonia, il figlio del boss di Resuttana Francesco Madonia (appartenente a una delle famiglie mafiose più potenti di Palermo e morto in carcere nel 2007), corrisponderebbe all’“uomo dagli occhi di ghiaccio” descritto in diversi identikit, mentre al volante della Fiat 127 ci sarebbe stato Lucchese, del mandamento di Ciaculli, anche lui killer spietato legato all’ala corleonese di Cosa Nostra. All’epoca dei fatti avevano rispettivamente 28 e 22 anni.
Negli anni si è affievolita la pista che indicava come esecutori i neofascisti Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, e per il delitto sono stati condannati, come mandanti, i boss della “cupola” mafiosa: Totò Riina, Michele Greco, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Pippo Calò, Francesco Madonia e Antonino Geraci. Tuttavia, i responsabili materiali non sono mai stati individuati con certezza.
Secondo quanto riportato dal quotidiano online LiveSicilia, il prossimo 12 giugno sarà conferito l’incarico ai periti per effettuare la comparazione biologica sul reperto.