STOCCOLMA - È andato a Susumu Kitagawa (Università di Kyoto), Richard Robson (Università di Melbourne) e Omar M. Yaghi (Università della California, Berkeley) il Premio Nobel per la Chimica 2025, assegnato “per lo sviluppo delle strutture metallo-organiche”.  

Questi tre scienziati hanno inventato e perfezionato materiali completamente nuovi: minuscole architetture fatte di metalli e molecole organiche, che formano spazi vuoti al loro interno, come gabbie microscopiche. 

In questi spazi, le molecole di gas e di altre sostanze possono entrare e uscire liberamente, rendendo questi materiali vere “spugne molecolari”. Le loro applicazioni sono potenzialmente enormi: possono catturare l’anidride carbonica dall’atmosfera, filtrare sostanze inquinanti dall’acqua, immagazzinare idrogeno o metano, neutralizzare gas tossici e persino estrarre acqua dall’aria in ambienti desertici. 

L’idea nacque più di quarant’anni fa, quando l’australiano Richard Robson cercava di insegnare la struttura delle molecole ai suoi studenti. Costruendo modelli in legno di atomi e legami, si accorse che la posizione dei “fori” - cioè i punti dove gli atomi si legano - determinava automaticamente la forma della molecola.  

Da lì intuì che si potevano “costruire” strutture con spazi interni, capaci di trattenere altre molecole, idea che fu poi sviluppata dal giapponese Susumu Kitagawa, che negli anni Novanta realizzò le prime strutture flessibili e stabili, e dal giordano Omar Yaghi, che ne migliorò la resistenza e ne aumentò la capacità di assorbimento.  

I Mof - come vengono chiamate queste strutture dall’inglese Metal-Organic Frameworks - sono oggi considerati una delle chiavi della chimica sostenibile. 

Con l’assegnazione del Nobel per la Chimica si chiude la settimana dei premi scientifici. Ieri è stato il giorno della Fisica, nel quale sono stati premiati John Clarke (Università della California, Berkeley), Michel Devoret (Università di Yale) e John Martinis (Università della California, Santa Barbara) “per la scoperta dell’effetto tunnel quantistico macroscopico e della quantizzazione dell’energia in un circuito elettrico”.  

I tre scienziati hanno sostanzialmente scoperto che le regole che governano il mondo subatomico, spesso per noi considerate “impossibili”, possono essere osservate anche in oggetti molto più grandi e manipolabili, e quindi utilizzabili nelle tecnologie di tutti i giorni. 

I loro esperimenti con i superconduttori - materiali che a temperature molto basse lasciano passare la corrente senza resistenza - dimostrarono che in certe condizioni l’energia riusciva ad attraversare una barriera isolante senza toccarla fisicamente, creando il cosiddetto “tunnel quantistico”. 

Questa scoperta dimostrò che anche un circuito macroscopico poteva obbedire alle leggi della meccanica quantistica, e fu il passo decisivo che portò allo sviluppo dei “qubit”, le unità di base dei computer quantistici. 

A differenza dei bit dei computer tradizionali, che possono assumere solo un valore alla volta - 0 oppure 1 - un qubit può assumere entrambi contemporaneamente grazie alla proprietà chiamata sovrapposizione

Questo permette a una macchina quantistica di esplorare simultaneamente tutte le soluzioni possibili a un problema, risolvendo in pochi secondi un calcolo che richiederebbe migliaia di anni a un supercomputer tradizionale.