ROMA - L’accelerazione impressa da Fratelli d’Italia sull’elezione del giudice della Corte costituzionale riavvicina, almeno su un dossier, Pd, M5s, Avs. 

L’accordo in maggioranza è sul nome di Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico della presidente del Consiglio, voluto dalla premier in persona. Per eleggerlo servono 363 voti, i 3/5 dei componenti delle Camere. Per il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani (Fdi) “c’è la possibilità e la volontà di arrivarci finalmente dopo tanto tempo”, dopo tante votazioni a vuoto.  

Possibilità, ma non la certezza, visto che i principali partiti di opposizione non parteciperanno all’ottava votazione del Parlamento in seduta comune convocato a Montecitorio.  

Da subito chiara la posizione del partito di Elly Schlein che ha parlato di “blitz” del centrodestra e di Alleanza Verdi Sinistra che con Angelo Bonelli ha invitato la premier Giorgia Meloni “a fermarsi e a dialogare con le opposizioni”, mentre solo oggi fonti parlamentari pentastellate hanno fatto sapere che non parteciperanno al voto. 

“Davanti a una forzatura su una cosa fondamentale per le garanzie democratiche noi non parteciperemo al voto”, ha detto la segretaria Pd, Elly Schlein, a Live In Sky Tg24. “Non può esserci da parte della Meloni un atteggiamento proprietario delle istituzioni”, ha aggiunto, avvisando che con le altre opposizioni “ci siamo sentiti e coordinati”. 

Nonostante il richiamo del governo ad essere presenti, inviato anche a ministri e sottosegretari che ricoprono la carica di parlamentari, il pallottoliere del centrodestra è fermo a un paio di voti sotto il quorum.  

Alla Camera sulla carta ci sono, infatti, 237 voti: 47 di Fi, 117 di Fdi, 64 Lega e 9 Noi Moderati. Al Senato i voti su cui contare sono 117: 62 di Fdi, 20 di Fi, 29 della Lega e 6 di Civici d’Italia-Noi Moderati. In tutto fanno 354 parlamentari.  

Dalla galassia dei gruppi misti arriveranno i voti di Mara Carfagna, Maria Stella Gelmini, Giusy Versace, Lorenzo Cesa, Nino Minardo, Andrea De Bertoldi, arrivando a quota 360, mentre ufficialmente il gruppo Per le Autonomie al Senato ha scelto la linea dell’Aventino come Pd, M5s e Avs.  

La maggioranza si attende poi almeno il voto dei quattro parlamentari di Svp, gruppo che già in commissione di Vigilanza Rai vota con il centrodestra, ma la linea uscirà da una riunione convocata in serata, fanno sapere i rappresentanti del Sud Tirolo, con il cui voto si arriverebbe a 364 preferenze. 

Si tratta, quindi, di una votazione decisamente sul filo vista la possibilità di assenze fisiologiche per ritardi o malattie e l’eventualità, che nessuno può escludere, di franchi tiratori in maggioranza. Per avere qualche garanzia in più, ogni gruppo darà indicazione di scrivere il nome del futuro giudice in maniera differente (Marini, F.Marini, Francesco Marini, ecc.) in modo da potersi contare.  

Si guarda con attenzione anche ai contatti ancora in corso tra tutte le opposizioni, dove prevale l’idea di non partecipare al voto anche se Carlo Calenda, leader di Azione che conta su 12 parlamentari, non nasconde qualche perplessità.  

“Quello che non volevo fare è la figura degli imbecilli come l’altra volta sulla Rai. È l’unica aspirazione che abbiamo”, spiega. “Penso che intanto non si possa andare avanti continuamente sull’Aventino. Capisco la difficoltà perché la maggioranza non ha grande voglia di ascoltare ma bisogna insistere. Ci sentiremo con le altre opposizioni e cercheremo una posizione comune”, conclude il leader di Azione. 

L’altra volta, sulla Rai, il campo largo era deflagrato con M5s e Avs che avevano deciso di partecipare al voto per l’elezione dei componenti del Cda di Viale Mazzini mentre Pd, Azione e Iv avevano scelto di disertare.  

Una mossa, soprattutto quella del Movimento, che in molti temevano si potesse replicare anche sull’elezione del giudice costituzionale con una sorta di soccorso pentastellato alla maggioranza, nell’ambito della più ampia trattativa sulle nomine Rai. Finora, invece, sulla Consulta le opposizioni sembrano ragionare unite.