Novantaquattro per i laburisti, quarantatre seggi per la Coalizione, così ripartiti: liberali 18, LNP del Queensland 16, nazionali 9. Un risultato finale confermato appena un paio di giorni fa (con la ‘perdita’ del collegio di Bradfield, assegnato alla teal Nicolette Boele) che, come sappiamo, ha portato l’opposizione a un’intensa riflessione interna.

L’ennesima, o giusto un seguito di quelle precedenti, perché è ormai da anni (anche dopo la vittoria-miracolo del 2019) che il Partito liberale - i nazionali, bene o male, il loro seguito, diverso ma fedele, ce l’hanno - deve affrontare critiche e arretramenti (del voto primario) e, puntualmente, vengono confermati due problemi di base che, altrettanto puntualmente, non vengono affrontati con l’urgenza che meriterebbero. Il rapporto del partito con le donne e gli elettori più giovani non è per niente felice.

E, almeno per ciò che riguarda le generazioni che sono diventate numericamente decisive per aggiudicarsi le sfide elettorali, la revisione dovrebbe essere più attenta. 

Le cosiddette generazioni Y (i Millennials, coloro che hanno tra i 29 e i 44 anni) e Z (per quanto riguarda gli elettori, dai 18 ai 28 anni) non votano per i conservatori e, quindi, dopo una batosta record come quella del 3 maggio, qualcuno in casa liberale dovrebbe cercare davvero di comprendere le ragioni di questo fenomeno che indubbiamente richiede un’analisi un po’ più approfondita e onesta della cultura interna del partito, delle sue priorità politiche e del modo in cui si relaziona ai valori della società contemporanea.

Forse opportuno, quindi, pensare un po’ meno ai tempi di Howard e Costello - che agli elettori Y e Z non dicono proprio niente -, e mostrare un po’ più di interesse per i temi sociali e le preoccupazioni che sono state più volte sottolineate dalle nuove generazioni come:  cambiamenti climatici, uguaglianza di genere, accessibilità abitativa, salute mentale, diritti delle minoranze.

Tutti temi che non sono il pane quotidiano dei partiti conservatori, ma devono in qualche modo diventarlo: con altre angolazioni, con altre prospettive per non andare ad alienare il sempre più ristretto voto tradizionale, ma argomenti che devono venire discussi con maggiore serenità e chiarezza perché fanno parte del presente e del futuro anche per la Coalizione.

I giovani elettori, per esempio, collocano costantemente il cambiamento climatico tra le loro priorità, ma i liberali, con una certa testardaggine, continuano a dare l’impressione di rifiutare ad accettare apertamente questa sfida e delineare un cammino, forse più graduale, per ciò che riguarda la rinuncia a gas e carbone.

Negli ultimi anni sono stati fatti passi avanti in questo campo, ma la maggior parte dei giovani, senza oneste e chiare spiegazioni su dove si vuol arrivare e perché “non si può” tenere il passo dei laburisti e le richieste ancora più ambiziose dei verdi, continuano e continueranno a percepire i liberali come un partito in qualche modo ‘non ci crede’ e non proattivo sulle sfide climatiche.  

Altri handicap da affrontare, nell’analisi in corso, prima di arrivare ad una promessa svolta sui programmi, come sottolineanto a più riprese dalla nuova leader del partito Sussan Ley: l’uguaglianza di genere, i diritti sul lavoro, università, alloggi, comunicazione.

I liberali, infatti, troppo spesso si sono mostrati lenti nel sostenere le politiche riguardanti la protezione del lavoro facendo delle riforme industriali un puntuale motivo di scontro. Troppo spesso la risposta a qualsiasi cambiamento apportato dai laburisti (altrettanto spesso orientati a muoversi in direzione opposta, creando squilibri che andrebbero sicuramente controllati) è stata la promessa di un ‘tornare indietro’ , di quei ‘rollback’ che non convincono nessuno.

E su questo tema l’interesse dei giovani in generale va ad aggiungersi a quello delle donne in particolare, direttamente interessate nelle politiche dei diritti, della protezione sul lavoro, del divario salariale di genere o l’accesso ai servizi per l’infanzia, un ‘diritto’ che, in questo ultimo caso, i laburisti hanno fatto loro. La promessa dell’universalità dei servizi per l’infanzia è stata, indubbiamente, un carico da 90 per il primo ministro Anthony Albanese in termini elettorali: opporsi sarebbe una scelta difficilmente sostenibile per i liberali del nuovo corso.

Altri temi caldi su cui riflettere, e non sbagliare ancora tempi e percezione, è sia quello dei tagli del debito universitario, promesso dal governo (che sarà una delle prime nuove leggi in Aula alla ripresa dei lavori parlamentari), sia quello di interventi (promessi anche sabato in un’intervista sull’Abc, dal ministro responsabile Clare O’Neil) forti sull’edilizia abitativa.

Per i liberali, che spesso si sono dimostrati impreparati in fatto di propositi in materia, l’opportunità di tenere in fuori gioco i verdi, contribuendo positivamente al dibattito e dimostrando un minimo avvicinamento alle priorità dei giovani australiani. 

Maggiore comunicazione, visto i vuoti registrati durante la campagna, adeguandosi anche ai nuovi mezzi d’informazione prediletti dalle generazioni Y e Z con il giusto ritmo e tono. La modernizzazione del partito, indubbiamente, passa anche da lì. E’ uno sforzo (non solo per i liberali…), ma da fare. 

Riflessioni, analisi, conferme: la debacle dello scorso mese è già stata legata da molti alla costante percezione di un partito che vive nel passato, con una struttura che continua ad essere dominata dagli uomini.

Si continua a parlare di una cultura interna fatta di esclusione e sessismo che non riesce ad accettare la realtà che altri hanno adottato, come la possibilità di introdurre quote di genere e, sicuramente, una costante spinta per una visibile inclusività per costruirsi un’immagine di una forza politica collegata e non scollegata con l’Australia contemporanea. 

I problemi del Partito liberale con donne e giovani sono stati accentuati dalla crescita di movimenti politici alternativi e del numero di candidati indipendenti che rappresentano meglio le preoccupazioni di questi elettori. Nelle elezioni federali del 2022, come ben sappiamo, c’è stata l’ondata ‘teal’ delle indipendenti (ma con lo stesso sponsor) di ‘qualità’, che si sono presentate nei seggi tradizionalmente liberali. Le loro campagne si sono focalizzate su clima, integrità politica e parità di genere, ottenendo un forte sostegno da donne e giovani in elettorati urbani benestanti, tradizionalmente conservatori, ma delusi dall’orientamento del partito.

E in questo 2025 hanno offerto il bis, confermando la tendenza anti-liberale: l’unica a perdere il seggio conquistato tre anni fa è stata Zoe Daniel a Goldstein, ma in compenso è arrivata, a ristabilire lo status quo numerico per la squadra di Climate 200, la vittoria a Bradfield di Nicolette Boele (potrebbe, comunque, esserci un nuovo ricorso della prima vittoriosa e poi sconfitta per 26 voti, Gisele Kapterian). .

Donne e giovani: il problema, poco più di un mese fa, è stato solo ribadito con un po’ di più forza. Sarebbe assurdo, a questo punto, se i liberali, dopo la loro revisione, non cercassero davvero di migliorare in qualche modo la loro immagine:  la ri-partenza, con un esecutivo con una rappresentanza femminile ridotta rispetto alla squadra di Dutton, non è probabilmente un segnale benaugurante. Riparlare di quote non sembra il caso, dato che puntualmente, a parte di qualche appello fuori dal coro, si continua a sostenere che il modello del “merito” va benissimo ed è più in linea con i principi liberali.

Una rigidità che si riflette anche su alcune linee guida politiche che talvolta possono sembrare, proprio ai giovani, inflessibili e un po’ anacronistiche.

Non è facile cambiare e non è facile ‘ispirare’ nuove generazioni, già tradizionalmente piuttosto distanti dalla politica in generale. Impossibile però farlo senza avere il coraggio e la volontà di intraprendere una seria autocritica e adottare riforme tangibili per attirare un maggiore coinvolgimento giovanile e sviluppare una modernizzazione culturale.

Riflessione vera e profonda, quindi, ma anche una necessaria evoluzione di qualche tipo (con meno Menzies e Howard), per riflettere meglio la società di oggi. I laburisti qualche sforzo in più l’hanno fatto.