Non è la prima volta che il professor Rodney Lokaj compare sulle pagine de Il Globo. In questi anni, lo abbiamo intervistato in veste di relatore, accademico e studioso, protagonista di convegni e iniziative che lo hanno visto portare la filologia italiana oltre i confini nazionali. Ma questa volta, l’intervista è stata diversa. Non per parlare di Dante o di Petrarca, né dei suoi contributi filologici. L’invito è stato quello di raccontarsi come persona, e soprattutto come australiano che ha scelto l’Italia come propria terra d’adozione, protagonista ideale della rubrica Nuovi australiani d’Italia.

Nato a Melbourne, terzo di quattro figli, Lokaj ha una storia familiare profondamente segnata dalle vicende del Novecento. “Mio padre era polacco”, racconta. “Dopo l’invasione della Polonia da parte della Germania, fu costretto ancora adolescente a trasferirsi in Germania per via del programma di germanizzazione delle popolazioni slave. A diciassette anni si arruolò nell’esercito americano e fu mandato in Italia, nei pressi di Napoli”. Fu proprio lì che prese una decisione destinata a cambiarne il destino: “Sentì parlare di una nave in partenza per l’Australia e vi si imbarcò. Era giovanissimo”. In Australia conobbe sua madre, di origini britanniche – prevalentemente inglesi, ma con radici anche irlandesi – e insieme costruirono una famiglia.

Terminato il liceo, il giovane Rodney si iscrisse alla facoltà di Ingegneria elettronica, seguendo quella che sembrava la strada “giusta” nella società australiana dell’epoca. “Più uno era bravo a scuola, più veniva spinto verso carriere come medicina, ingegneria o giurisprudenza. Le discipline umanistiche non erano nemmeno considerate un’opzione”, ricorda. Ma già al primo giorno di lezione si rese conto di aver fatto una scelta sbagliata. Dopo un anno, cambiò radicalmente percorso e si iscrisse a Lettere, con indirizzo in Italianistica e Psicologia. Una decisione che avrebbe segnato l’inizio di un lungo e appassionato rapporto con la lingua e la cultura italiana.

Il primo giorno del corso di Letteratura italiana fu, a suo dire, il punto di svolta. “Ero stato inserito nel gruppo dei principianti assoluti. Tra questi, ero forse il meno inesperto, perché avevo studiato chitarra classica e quindi conoscevo parole italiane come adagio, fortissimo, pianoforte... ma non avevo idea di cosa significasse ciao”. Quando il professore distribuì alcune fotocopie della Commedia di Dante e gli chiese di leggere ad alta voce, fu un colpo di fulmine. “Fu l’inizio di una storia d’amore con la letteratura italiana che non si è mai interrotta”.

Il percorso universitario si concluse con una tesi in dialettologia sul dialetto pisano. A quel punto, grazie alla segnalazione di alcuni docenti, Rodney venne a conoscenza delle borse di studio offerte dalla Farnesina per studenti stranieri. Decise di candidarsi, ma per mesi non ricevette alcuna risposta. Solo alla fine degli studi, una telefonata del Consolato italiano di Canberra lo informò dell’assegnazione di una borsa di nove mesi per studiare in Italia.

A quel punto poteva scegliere tra la Sapienza di Roma, la Normale di Pisa o l’Università per Stranieri di Perugia. Scelse Perugia, consapevole di dover ancora rafforzare le proprie basi linguistiche. “Fu una scelta vincente. Mi sentii subito accolto, supportato, inserito in un ambiente stimolante e aperto”. Alla fine dei nove mesi, però, l’idea di tornare in Australia era ormai tramontata. L’Italia era diventata la sua nuova casa.

Trovò lavoro presso una scuola privata di lingue che si occupò anche della sua regolarizzazione. Ottenne il permesso di soggiorno per motivi di lavoro e si iscrisse di nuovo all’università, questa volta a Lettere, dove completò una seconda laurea, affittò un appartamento, comprò un’auto, venne assunto come lettore d’inglese e iniziò una vita pienamente integrata nel contesto italiano. “In quel periodo chiesi la cittadinanza italiana, che oggi possiedo da oltre vent’anni. Ho la doppia cittadinanza, australiana e italiana”.

Da lì, la carriera accademica si sviluppa con continuità: pubblicazioni, convegni, collaborazioni con università italiane e straniere. Intorno al 1998, inizia un dottorato all’Università di Edimburgo. Ma Lokaj non si trasferisce stabilmente in Scozia: mantiene la residenza a Spoleto, dove nel frattempo ha acquistato e cominciato a ristrutturare una torre trecentesca, oggi monumento nazionale. “Per tre anni ho vissuto tra l’Italia e la Scozia. Gestivo i lavori a casa, insegnavo a Perugia, facevo ricerca a Roma, e una volta al mese prendevo un volo per Londra e poi un treno per Edimburgo. È stata una vita molto intensa”. Dopo il dottorato, ottiene un incarico temporaneo come lecturer a Edimburgo.

Determinante, nel suo percorso, l’incontro ad Assisi con il grande filologo Giorgio Brugnoli, in occasione di un convegno dell’Accademia Properziana. “Presentai una relazione sul francescanesimo in Petrarca, tema che toccava anche il mio dottorato. Conobbi Brugnoli, che divenne mio maestro. Pur non essendo stato suo allievo all’università, tra noi nacque una profonda collaborazione”. È grazie alla Scuola filologica romana, alla quale Brugnoli apparteneva, che Lokaj entra in contatto con riviste scientifiche, convegni di alto profilo, reti accademiche che lo accompagnano ancora oggi.

Nel 2012, con la riforma dell’abilitazione scientifica nazionale, diventa il primo professore straniero associato nel settore della filologia italiana. Nel 2017 viene chiamato come associato all’Università di Enna “Kore”, dove nel 2023 ottiene la cattedra di ordinario in Filologia della letteratura italiana. “Sono molto soddisfatto delle scelte fatte. Ho potuto fare quello che amavo, e lo faccio ancora oggi. Ma devo essere onesto: senza quella borsa di studio, non credo ce l’avrei fatta. Provenendo da una famiglia con quattro figli e un solo stipendio, non avrei mai avuto i mezzi per tentare un’esperienza del genere”.

Quando non è dietro una cattedra o a un convegno, il professor Lokaj si dedica a una vita sobria e raccolta. Ama cucinare per gli amici, godersi la sua casa, circondarsi delle persone care. Una vita semplice, in apparenza, che poggia però su un percorso straordinario. Un percorso che unisce Melbourne a Perugia, Spoleto, Roma e Edimburgo, passando per la musica, la letteratura e una passione inestinguibile per la lingua italiana. Una storia che, più di tante altre, racconta cosa significhi davvero essere un “nuovo australiano d’Italia”.