MILANO - I cinquant’anni dalla morte di Sergio Ramelli, militante del Fronte della gioventù ucciso a 18 anni per un’aggressione di Avanguardia operaia nel capoluogo regionale lombardo, sono l’occasione per invocare una memoria condivisa delle vittime degli anni di piombo.
“[Memoria condivisa] nel tentativo di ricucire una ferita profonda che deve accomunare tutte le vittime innocenti dell’odio e della violenza politica”, ha sottolineato la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio all’evento. “Le idee hanno bisogno di coraggio [a lui dedicato nell’auditorium di Regione Lombardia. La sua vicenda, la sua morte] tanto brutale quanto assurda [che] forse, proprio per questo, divenuta un simbolo per generazioni di militanti di destra di tutta Italia [è] un pezzo di storia con cui tutti a destra e sinistra devono fare i conti”, ha ammonito. “Ancora oggi, a cinquant’anni dalla morte - ha aggiunto Meloni - c’è una minoranza rumorosa che crede che l’odio, la sopraffazione e la violenza siano strumenti legittimi attraverso cui affermare le proprie idee. Ai ragazzi che oggi hanno l’età in cui Sergio morì, che hanno spalancata davanti a sé la strada della propria vita, che vogliono dedicarla a ciò in cui credono, voglio dire: non fatevi ingannare da falsi profeti e da cattivi maestri”.
E le note di “Bella Ciao” sono risuonate durante il rito del ‘presente’ per Ramelli. Il corteo milanese è arrivato in via Paladini per rendere omaggio alla targa posta sotto la casa dove abitava lo studente. I manifestanti hanno iniziato a disporsi lungo la strada per compiere appunto il rito del ‘presente’, ma durante le operazioni di posizionamento, dalle finestre di uno dei palazzi che affacciano sulla via, si sono levate le note di “Bella Ciao”, l’inno della Resistenza. Una prima volta intonato apparentemente da voci di bambini, poi con un disco. Immediatamente è calato il gelo; qualcuno tra i presenti ha gridato per protestare e subito è stato zittito dagli organizzatori. Si è atteso del tempo per ricominciare, ma la musica ha continuato a risuonare ed è stato dato comunque il via al rito. Alle tre chiamate del “camerata Ramelli”, è seguito il “presente” e le braccia si sono alzate per il saluto romano.
“La cosa più importante è che non ci sia più violenza. Non voglio parlare dei saluti romani, perché voglio parlare di Sergio Ramelli”. Così il presidente del Senato Ignazio La Russa si è espresso, a margine della commemorazione. La Russa ha evitato di commentare direttamente: “Possibile che non si capisca la differenza? Possibile che vi fermiate sempre alla strumentalizzazione su una cosa su cui io non posso influire?”.